mercoledì 16 settembre 2015

A pochi giorni dall'uscita di Turtles, l'ottima recensione di Rockit Tutta Roba Italiana a cura di Andrea Terenzi.

http://www.rockit.it/recensione/30061/avioletpine-turtles

A Violet PineTurtles

Tarock Records / Believe Digital 
2015 - Shoegaze, Post-Rock, New-Wave

14/09/2015 
Il primo e più immediato discrimine che dovremmo sempre porre, alle prese con l’ascolto di un disco, è quello tra chi è consapevole di ciò che va facendo e chi no. Consapevolezza come parola chiave, quindi. E consapevolezza – della propria cifra, dei propri mezzi – è ciò che gli A Violet Pine dimostrano di possedere con questo “Turtles”, seconda prova dopo l’esordio di “Girl” del 2014. Se con quel lavoro, accanto al classico impianto basso-batteria-chitarra, veniva imbastita e privilegiata un’oscura trama costituita da un sintetismo vicino a certe cose del Tricky di “Maxinquaye”, con l’ultima e più recente fatica i tre, costituitisi sull’asse Barletta-Bergamo-Milano, asciugano le sonorità ponendo l’accento su certo lirismo decadente à la Nine Inch Nails. Ciò che ne viene fuori è un disco maturo, ben suonato, prodotto e registrato. 

Un disco che presenta soluzioni stilistiche interessanti, curato in ogni sua componente e dal respiro internazionale. Nonostante traspaiano abbastanza agevolmente riferimenti e numi tutelari che guidano le mani e le menti dei nostri, la difficoltà – anche per un ascoltatore consumato – di inquadrare e incasellare “Turtles” in un genere definito, si fa piuttosto concreta. Ciò testimonia di una manciata di canzoni concepite con un grado superiore alla media di lucidità e preparazione, amore per la musica e senso del pathos come definito nei riti misterici. A testimonianza di ciò si prenda la traccia d’apertura, “The Game”, tutta viluppata su di impianto post-rock o il singolo “New Gloves”, basso wave incalzante e chitarre testosteroniche. 

Su tutte e nove le composizioni aleggia, comunque, qualcosa di venefico: accordi ieratici, stasi labirintiche di chitarre, una voce aurale che riempie ogni interstizio. Con “Bright” le atmosfere si fanno oltremodo rarefatte (uno dei pezzi migliori del lotto); “The Moon Has Been Turned Off” torna su sonorità già consolidate mentre con la chiusa di “Why?” il ritmo rallenta, le chitarre disegnano arabeschi nell’aria e l’incedere di piano dona a tutto ciò un substrato mitopoietico. Avanti così.

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